Trasformatore monofase reale

Il trasformatore reale si differenzia da quello ideale nei seguenti aspetti:

a) resistenze Ohmiche R1 , R2 degli avvolgimenti non nulle. A causa di ciò le correnti primaria e secondaria produrranno delle cadute di tensione Ohmiche e delle perdite di potenza per effetto Joule. Il valore delle resistenze Ohmiche aumenta con la temperatura, quindi per il circuito equivalente si dovrà fare riferimento ad una ben precisa temperatura chiamata temperatura convenzionale di riferimento T [°C] che vale 75 [°C] per le classi d'isolamento A, E, B oppure 115 [°C] per le classi F, H. Dal momento che gli effetti prodotti dalla presenza delle resistenze dipendono dalle correnti, nel circuito equivalente che costituisce il modello del trasformatore reale, le resistenze R1 , R2 andranno poste in serie al circuito, in modo da essere percorse rispettivamente dalle correnti primaria e secondaria. Queste resistenze vengono proporzionate in modo tale che, a pieno carico, le perdite per effetto Joule al primario ed al secondario siano circa uguali, ciò equivale a fissare per i due avvolgimenti la stessa densità di corrente (nei trasformatori trifasi di media e grande potenza 2,5 ¸ 3,5 [A/mm2] per il rame, 1,5 ¸ 2 [A/mm2] per l'alluminio, nei piccoli trasformatori monofase 1,5 ¸ 2,4 [A/mm2] decrescente all'aumentare della potenza per il rame).

b) presenza di flussi di dispersione al primario ed al secondario Fd1 , Fd2, causati dal fatto che la permeabilità del mezzo circostante il nucleo non è nulla. Si tratta di flussi alternati sinusoidali di frequenza pari a quella della tensione d'alimentazione, indipendenti dalla temperatura, sostenuti rispettivamente dalla corrente primaria e secondaria, concatenati con un solo avvolgimento e che si sviluppano prevalentemente in aria. Si ha così un flusso autoconcatenato in ciascun avvolgimento che determinerà un'autoinduzione di f.e.m. e, in definitiva, una caduta di tensione reattiva induttiva ed un impegno di potenza reattiva in ciascun avvolgimento. Di tali aspetti si terrà conto mediante due reattanze di dispersione:

Tali reattanze, se la frequenza è costante, si potranno ritenere costanti perché il flusso di dispersione che le origina, sviluppandosi in gran parte in aria, percorre un circuito magnetico che è lecito ritenere a permeabilità magnetica costante. Inoltre andranno poste in serie nel circuito equivalente, in modo da essere percorse dalle correnti primaria e secondaria, infatti gli effetti da esse prodotti dipendono da tali correnti.

c) perdite nel ferro del nucleo dovute all'isteresi magnetica ed alle correnti parassite. L'entità di tali perdite, riferite ad 1 [Kg] di ferro, ammonta rispettivamente a:

Pis = Kis·f·BMa [W/Kg] , a = 1,6 se BM < 1 [Wb / m2], a = 2 se BM ³ 1 [Wb / m2]

Pcp = Kcp·(Kf·f·BM)2 [W/Kg] , dove Kf è il fattore di forma del flusso alternato.

In tali espressioni BM è il valore massimo dell'induzione alternata, Kis e Kcp sono due costanti dipendenti dal tipo di mezzo ferromagnetico.

Entrambe le perdite si possono riassumere nell'espressione:

Si tratta di una espressione empirica, dove Cp è la cifra specifica di perdita che rappresenta le perdite in 1 [Kg] di ferro quando la frequenza vale 50 [Hz] e l'induzione massima vale 1 [Wb/m2].

Le espressioni sopra scritte evidenziano come le perdite varino con la frequenza ad induzione costante e con l'induzione a frequenza costante.

Se invece si immagina di mantenere costante la tensione applicata V1 (caso pratico più frequente, specialmente per il trasformatore), allora si dimostra che le perdite per correnti parassite sono indipendenti dalla frequenza, mentre le perdite per isteresi diminuiscono all'aumentare della frequenza secondo l'esponente (1 - a) < 0.

Infatti:

avendo trascurato la caduta sull'avvolgimento primario e quindi considerato . Ponendo Y = 4,443·N1·S e sostituendo nelle espressioni delle perdite si ha:

dalla quale si evince che a tensione costante le perdite per isteresi diminuiscono all'aumentare della frequenza;

dalla quale si evince che a tensione costante le perdite per correnti parassite non dipendono dalla frequenza.

Dalle stesse relazioni si nota come, per frequenza costante, le perdite per correnti parassite e per isteresi aumentano proporzionalmente al quadrato della tensione (potendosi ritenere di solito a uguale a 2). Quindi è da evitare l'impiego del trasformatore a tensioni superiori ed a frequenze inferiori alle nominali.

Delle perdite complessive nel ferro si terrà conto nel circuito equivalente con una resistenza fittizia trasversale R0 in parallelo alla Xm, perché le perdite nel ferro sono pressoché proporzionali al quadrato della BM e, perciò, della E1. Tale resistenza varrà:

Si chiama attiva la componente Ia di corrente assorbita che tiene conto delle perdite nel ferro. La Im e la Ia sono sempre presenti nel funzionamento del trasformatore. Nel funzionamento a vuoto esse sono le sole correnti e dalla loro composizione si ha la corrente assorbita a vuoto . Ovviamente la corrente attiva è in quadratura in anticipo rispetto alla corrente magnetizzante e vale .

d) perdite addizionali dovute alla maggior resistenza presentata dagli avvolgimenti in corrente alternata rispetto alla corrente continua. Le perdite addizionali diminuiscono all'aumentare della temperatura e sono originate dall'effetto pelle, dall'effetto di prossimità e dalle correnti parassite che i flussi dispersi fanno scaturire nei mezzi conduttori da essi intersecati. Di tali perdite si tiene conto, conglobandole assieme a quelle Ohmiche, mediante la resistenza equivalente ridotta al primario od al secondario, riferita alla temperatura convenzionale.

e) non linearità del mezzo ferromagnetico, che determina l'impossibilità di avere contemporaneamente sinusoidali la corrente magnetizzante ed il flusso. Infatti la permeabilità di un materiale ferromagnetico non è costante, ma dipende dal valore del campo magnetico. Quindi la caratteristica di magnetizzazione B = f(H) non è rettilinea così che a variazioni costanti di campo corrispondono variazioni diverse d'induzione e la stessa cosa succede nella relazione tra flusso (proporzionale all'induzione) e corrente magnetizzante (proporzionale al campo). Considerando che il trasformatore viene alimentato da una tensione forzatamente sinusoidale e che la f.e.m. è pressoché uguale alla tensione si può senz'altro ritenere sinusoidale il flusso (direttamente proporzionale alla f.e.m.) e, quindi, deformata la corrente magnetizzante. La deformazione è tanto più accentuata quanto più il punto di lavoro sulla caratteristica di magnetizzazione si addentra nelle zone del ginocchio e della saturazione. Nella pratica si lavora con valori d'induzione massima nel nucleo (1,3 ¸ 1,75 [Wb/m2] a secondo del tipo di lamierino per i trasformatori trifasi di media e grande potenza, 0,8 ¸ 1,4 [Wb/m2] per i piccoli trasformatori monofase) tali da raggiungere a malapena la zona del ginocchio così che la deformazione della corrente magnetizzante è poco marcata. In tali condizioni è lecito ritenere la corrente magnetizzante uguale alla somma delle sue componenti di prima (detta fondamentale) e terza armonica come mostrato in figura.

La componente di terza armonica, di frequenza 150 [Hz], può, nel caso non sia sufficientemente piccola, provocare disturbi nelle linee telefoniche poste in prossimità alla linea che alimenta il trasformatore essendo la sua frequenza nel campo dell'udibile.

f) sovracorrente d'inserzione, si presenta nell'istante di messa in tensione del TR a vuoto quando la tensione ad esso applicata ha argomento iniziale nullo, cioè è esprimibile nella forma v1(t) = V1M·sen(w·t). In tale caso il flusso nel nucleo assume inizialmente un valore massimo doppio rispetto a quello normale e, mandando in saturazione il ferro, determina il richiamo di una intensissima corrente magnetizzante, anche 40 volte quella normale. Poichè la corrente magnetizzante può anche essere il 5% della nominale a carico, si osserva che all'inserzione (durante la prima semionda) la corrente può diventare anche il doppio della nominale a pieno carico e di ciò si dovrà tenere conto nella scelta dei dispositivi di protezione contro i cortocircuiti dei trasformatori. La condizione migliore di inserzione è quella per la quale v1(t) = V1M·sen(w·t + p/2), infatti in tal caso il flusso assume fin dalla prima semionda il valore normale che poi conserverà.

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