Autotrasformatore

Disponendo di un trasformatore monofase riduttore avente un avvolgimento primario composto da N1 spire ed il secondario composto da N2 spire (N2 < N1) è lecito in ogni caso collegare un punto dell'avvolgimento primario con un punto dell'avvolgimento secondario, ad esempio il punto B col punto b , senza che il funzionamento del trasformatore vari. Essendo il numero delle spire primarie maggiore del numero delle spire secondarie si potrà trovare lungo l'avvolgimento primario un punto d che sia equipotenziale con il punto a del secondario. In tal caso è possibile collegare elettricamente il punto d con il punto a senza che venga alterato il funzionamento della macchina. L'avvolgimento di N2 spire risulta così superfluo, per cui si può realizzare il trasformatore con un unico avvolgimento: la macchina così realizzata prende il nome di autotrasformatore monofase.

Nel funzionamento a vuoto il comportamento è del tutto analogo a quello del trasformatore, le equazioni sono le stesse.

Nel funzionamento a carico, se rimangono costanti la tensione e la frequenza di alimentazione, dovrà rimanere costante il flusso utile (come già visto per il trasformatore) e, quindi, vi sarà il richiamo al primario di una corrente di reazione. Se si trascura la corrente a vuoto rispetto alla corrente di reazione si potrà ritenere:

La corrente al primario sarà quindi opposta alla corrente erogata e di modulo minore. Applicando il primo principio di Kirchhoff al nodo d si ottiene:

questa relazione ci informa del fatto che nella parte di spire N2 comuni al primario ed al secondario circola una corrente che può essere significativamente inferiore alla corrente erogata dall'autotrasformatore.

Per vedere i vantaggi dell'autotrasformatore rispetto al trasformatore occorre valutare la differenza tra la potenza di dimensionamento dell'uno e dell'altro. Per potenza di dimensionamento di un avvolgimento si intende il prodotto tra la tensione ai capi dell'avvolgimento e la corrente che lo percorre.

In un trasformatore, essendo , la potenza di dimensionamento dei due avvolgimenti è uguale e coincide con la potenza apparente nominale del trasformatore.

In un autotrasformatore, invece, il tratto di avvolgimento compreso tra A e d è percorso dalla corrente I1 ed è sottoposto alla tensione (V1 - V2) e quindi la potenza di dimensionamento per questo tratto vale (V1 - V2)·I1.

Ricordando che e sostituendo si ottiene infine:

Il tratto di avvolgimento compreso tra d e B è percorso dalla corrente I ed è sottoposto alla tensione V2, quindi la potenza di dimensionamento vale . Ricordando che:

e sostituendo si ottiene la stessa potenza di dimensionamento vista sopra, quindi in un autotrasformatore le potenze di dimensionamento delle due diverse parti dell'avvolgimento sono le stesse. Inoltre la potenza di dimensionamento nell'autotrasformatore è pari a quella del trasformatore moltiplicata per il coefficiente:

che è sempre minore di uno, quindi, a parità di potenze nominali, la potenza di dimensionamento dell'autotrasformatore è sempre minore di quella del trasformatore. Ovviamente la potenza di dimensionamento dell'autotrasformatore è tanto più piccola quanto più V2 è prossimo a V1, al limite se V2 è uguale a V1 la potenza di dimensionamento è nulla. Per questo motivo gli autotrasformatori risultano convenienti per rapporti di trasformazione non superiori a 3 ¸ 4.

Per quanto sopra detto l'autotrasformatore richiede minor spesa nella costruzione, perché la sua minore potenza di dimensionamento permette di ridurre la sezione del nucleo e la sezione dei conduttori degli avvolgimenti.

Il rendimento dell'autotrasformatore sarà maggiore, infatti a parità di densità di corrente negli avvolgimenti si avrà per le perdite nel rame la relazione:

(per quanto riguarda le perdite nel ferro a parità di induzione, pur essendo il peso del ferro impiegato per l'autotrasformatore minore di quello per il trasformatore, la riduzione delle perdite è meno significativa).

Per riassumere gli aspetti vantaggiosi dell'autotrasformatore si può concludere dicendo che esso ha un unico avvolgimento (anziché due) e che una parte di questo avvolgimento è percorsa da una corrente minore di quella che si ha nel secondario del trasformatore.

Vi sono però anche degli svantaggi. Il primo inconveniente è costituito dal fatto che mentre nel trasformatore i due avvolgimenti sono elettricamente separati, nell'autotrasformatore sono connessi tra di loro. Per questo motivo, mentre un trasformatore permette sempre di mettere a terra il suo avvolgimento secondario, l'autotrasformatore permette la messa a terra solo se è alimentato da una linea a neutro isolato o se è alimentato tra fase e neutro di una linea con neutro a terra e si è certi di mettere a terra il morsetto collegato al neutro.

Un altro inconveniente è costituito dal fatto che mentre nel trasformatore in seguito ad interruzione di una spira secondaria il carico resta sottoposto a tensione nulla, nell'autotrasformatore in caso di rottura di una spira sull'avvolgimento secondario il carico viene ad essere sottoposto ad una tensione pari alla primaria, con ovvie conseguenze.

Gli autotrasformatori vengono anche costruiti in configurazione trifase. Il tipo di collegamento più usato è quello Yy, in esso la tensione secondaria può essere variata tra 0 [V] e V2 £ V1 [V] (gli autotrasformatori a rapporto variabile sono chiamati Variac). Il collegamento Dd è meno usato in quanto la tensione secondaria può essere variata tra i valori V1/2 e V1 [V], infine la potenza di dimensionamento è volte maggiore che nello Yy. Il rapporto di trasformazione a vuoto vale sempre N1/N2 e lo spostamento angolare .

Trasformatori
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