Prova in corto circuito del trasformatore

Serve per la determinazione delle perdite negli avvolgimenti, oltre che della tensione di cortocircuito (col relativo fattore di potenza). Inoltre permette di determinare i parametri longitudinali del circuito equivalente semplificato.

Per quanto riguarda le perdite negli avvolgimenti esse sono di due tipi:

a) perdite Ohmiche che dipendono dalla resistenza Ohmica misurata in corrente continua, dalla corrente al quadrato ed aumentano all'aumentare della temperatura.

b) perdite addizionali che si aggiungono a quelle Ohmiche quando l'avvolgimento è in corrente alternata. Queste perdite dipendono dalla frequenza, dal quadrato della corrente e diminuiscono all'aumentare della temperatura.

Viene condotta alimentando il trasformatore con frequenza nominale e tensione ridotta (tensione di cortocircuito) così che il trasformatore abbia negli avvolgimenti le correnti nominali, infatti entrambe le perdite nel rame dipendono dalla corrente e la reattanza di dispersione e le perdite addizionali dipendono dalla frequenza.

Per il trasformatore monofase il circuito di misura consigliato è il seguente:

Tutti gli strumenti di misura impiegati devono essere per corrente alternata e frequenza pari a quella di prova, inoltre la loro classe di precisione deve essere pari a 0,5 o migliore, così che si possano trascurare gli errori sistematici strumentali e si possa tenere conto unicamente degli errori sistematici d'autoconsumo (che andranno corretti in relazione al tipo d'inserzione impiegato nella prova).

L'alimentazione del circuito di misura deve avere forma d'onda sinusoidale.

La regolazione del valore della tensione deve essere effettuata in modo tale da non introdurre deformazioni nella forma dell'onda. Ad esempio può essere utilizzato (come mostra lo schema) un autotrasformatore con rapporto di trasformazione variabile. E' lecito anche l'impiego di trasformatori a rapporto di trasformazione variabile, di regolatori ad induzione oppure di gruppi di generazione autonomi (motore ed alternatore) nel qual caso, oltre alla tensione, potrà essere variata anche la frequenza. Non si possono invece impiegare reostati di regolazione perché le eventuali deformazioni della corrente magnetizzante assorbita dalla macchina produrrebbero inevitabilmente delle deformazioni nelle c.d.t. sui reostati e, quindi, nella tensione applicata al circuito.

Il frequenzimetro, inserito a monte del variatore di tensione perché per un corretto funzionamento necessita di una tensione applicata sufficientemente grande, verifica che la frequenza sia quella nominale.

Il voltmetro verifica il valore della tensione di cortocircuito.

L' amperometro serve a verificare che la corrente assorbita sia quella nominale.

Il wattmetro serve a misurare la potenza assorbita dal trasformatore. Siccome il f.d.p. per un trasformatore in corto è tipicamente basso, è consigliato l'impiego di un wattmetro a basso cosj , si hanno così risultati più accurati.

Il termometro serve a misurare la temperatura degli avvolgimenti t [°C] (praticamente uguale a quella ambientale se la macchina è stata a riposo per un tempo sufficiente). Se la prova ha una durata contenuta nel tempo ed è condotta con i necessari accorgimenti si potrà ritenere tale temperatura costante durante il suo svolgimento.

L'inserzione adottata è del tipo con le voltmetriche a valle, questo perché il trasformatore in corto è assimilabile ad un'impedenza di piccolo valore e tale inserzione favorisce errori d'autoconsumo più piccoli (in ogni caso tali errori verranno corretti).

Il trasformatore deve essere alimentato dal lato di alta tensione (lato primario). Questo perché la tensione di cortocircuito è pochi percento della nominale e, per avere valori rilevabili con maggiore precisione, risulta conveniente scegliere il lato di alta tensione.

Se si desidera unicamente determinare il valore delle grandezze sopra elencate si può fare un'unica prova con applicata la tensione ridotta necessaria a fare circolare le correnti nominali, la frequenza deve essere la nominale. Se invece si vogliono tracciare le caratteristiche di cortocircuito è necessario fare diversi rilievi, tutti alla frequenza nominale, a partire da una tensione applicata sufficiente a fare circolare una corrente leggermente superiore alla nominale, ad esempio 1,1·I1n [A], e continuare riducendo la tensione fino a zero. E' importante procedere riducendo le correnti circolanti, questo per facilitare il raffreddamento degli avvolgimenti durante la prova così da potere ritenere la temperatura degli stessi costante e pari al valore t [°C] che essi avevano prima di cominciare la prova.

Per ciascuna delle prove si determineranno:

t [°C]

direttamente indicata dal termometro e costante.

V1CCt [V]

direttamente indicata dal voltmetro.

I1 [A]

direttamente indicata dall'amperometro.

essendo RWV [W] la resistenza interna voltmetrica del wattmetro e RV [W] la resistenza interna del voltmetro. La potenza così calcolata è quella assorbita dal trasformatore in corto che coincide (a meno delle perdite nel ferro che si possono ritenere trascurabili visto il basso valore della tensione) con le perdite negli avvolgimenti.

che rappresenta il f.d.p. in corto del trasformatore.

Grazie ai valori sopra calcolati, si possono disegnare le caratteristiche di cortocircuito:

a) tensione applicata in funzione della corrente assorbita V1CCt = f(I1).

Se durante la prova la temperatura è rimasta costante e così pure la frequenza, saranno rimaste costanti la resistenza e la reattanza di dispersione degli avvolgimenti. Per tale motivo la caratteristica avrà un andamento rettilineo essendo la tensione proporzionale alla corrente attraverso l'impedenza equivalente (costante per quanto sopra esposto).

In corrispondenza della corrente primaria nominale I1n [A] si leggerà sul diagramma la tensione primaria nominale di cortocircuito V1CCtn [V] riferita alla temperatura di misura t [°C].

b) perdite negli avvolgimenti in funzione della corrente assorbita PCCt = f(I1).

La curva ha un andamento pressoché parabolico dato che le perdite negli avvolgimenti variano con il quadrato della corrente e, per le ragioni dette prima, la resistenza degli stessi si può ritenere costante.

In corrispondenza della corrente primaria nominale I1n [A] si leggeranno sul diagramma le corrispondenti perdite negli avvolgimenti PCCtn [W] alla temperatura di misura t [°C].

c) fattore di potenza in corto in funzione della corrente assorbita cosjCCt = f(I1).

Tale curva ha un andamento quasi orizzontale dato che il f.d.p. si ricava dal rapporto tra la resistenza e l'impedenza che si possono ritenere costanti per le ragioni sopra esposte.

Dalle caratteristiche tracciate si determinano le seguenti grandezze riferite alla corrente nominale I1n [A] , alla frequenza nominale ed alla temperatura di misura t [°C]:

V1CCtn [V] , PCCtn [W]

Si tratta ora di riportare i risultati dalla temperatura di misura t [°C] alla temperatura convenzionale di riferimento T [°C] che, come già detto, dipende dalla classe d'isolamento del trasformatore. Per fare questa operazione è necessario separare le perdite Ohmiche dalle perdite addizionali perché le prime aumentano con la temperatura mentre le seconde diminuiscono all'aumentare della temperatura.

Si procede come segue.

Per prima cosa si calcolano le perdite Ohmiche impiegando le resistenze Ohmiche R1t [W], R2t [W] rilevate con la misura in corrente continua già descritta:

PWtn = R1t·I1n2 + R2t·I2n2 [W]

Quindi si confrontano le perdite Ohmiche PWtn [W] con quelle misurate in corrente alternata nella prova di cortocircuito PCCtn [W]. Deve sempre essere PCCtn > PWtn in quanto passando dalla corrente continua alla corrente alternata accade che alle perdite Ohmiche si aggiungono quelle addizionali. Ecco allora che si è in grado di separare le perdite addizionali alla temperatura di misura:

PADtn = PCCtn - PWtn [W]

Dopo avere separato le perdite si possono riportare le stesse dalla temperatura di misura t [°C] alla temperatura convenzionale T [°C] (che vale 75 [°C] per isolamenti in classe A, E, B e 115 [°C] per isolamenti in classe F, H). Allo scopo si deve calcolare il coefficiente di trasporto, che per il rame vale:

e ricordare come le perdite variano rispetto la temperatura:


Osservazione: le perdite addizionali, pur sempre presenti, assumono valori significativi solo nei trasformatori aventi avvolgimenti di sezione elevata (avvolgimenti per alte correnti e basse tensioni). Diversamente esse sono molto piccole e può accadere che a causa degli inevitabili errori di misura (sistematici ed accidentali) risulti essere PCCtn £ PWtn la qual cosa è un assurdo fisico. Se si verifica questo caso bisogna porre PADtn = 0 [W] ed assumere PCCTn = PCCtn·Kt [W].

Quindi si può procedere alla determinazione dei parametri longitudinali del circuito equivalente semplificato. I passaggi necessari sono di seguito esposti.

Per la reattanza di dispersione equivalente riportata al primario, ricordando che essa è indipendente dalla temperatura, si ha:


Per la resistenza equivalente riportata al primario si ha:


Per l'impedenza equivalente riportata al primario si ha:


Dalla teoria è noto che i parametri riportati al secondario si determinano da quelli al primario dividendo per il quadrato del rapporto di trasformazione nominale a vuoto:


Noti i parametri del circuito equivalente si determinano la tensione di cortocircuito secondaria ed il fattore di potenza di cortocircuito:


Infine si calcolano i valori percentuali delle perdite e della tensione di cortocircuito per poterli confrontare con quelli forniti dai costruttori e così giudicare sulla buona progettazione e realizzazione della macchina in prova:



Per il trasformatore trifase il circuito di misura consigliato è il seguente:

Essendo il TR trifase in cortocircuito un sistema essenzialmente equilibrato qualunque sia il tipo di nucleo (questo perché, a causa del valore ridotto della tensione applicata, la corrente di magnetizzazione è del tutto trascurabile), è lecito adottare l'inserzione ARON anche per determinare il fattore di potenza.

Sempre riguardo al circuito di misura bisogna aggiungere che l'alimentazione deve essere costituita da una terna simmetrica di tensioni sinusoidali. Valgono inoltre tutte le altre considerazioni già fatte per il circuito relativo al trasformatore monofase.

Se non si desidera tracciare le caratteristiche di cortocircuito è possibile fare un'unica misura con applicata la tensione ridotta tale da far circolare negli avvolgimenti le correnti nominali, con frequenza nominale. Con ovvio significato dei simboli, le espressioni con le quali elaborare i risultati sperimentali sono le seguenti:

t [°C]

direttamente indicata dal termometro.

V1CCtn [V]

direttamente indicata dal voltmetro.

I1n [A]

direttamente indicata dall'amperometro.

essendo RWV [W] la resistenza interna voltmetrica dei wattmetri (supposti uguali) e RV [W] la resistenza interna del voltmetro. La potenza così calcolata è quella assorbita dal trasformatore in corto che coincide (a meno delle perdite nel ferro che si possono ritenere trascurabili visto il basso valore della tensione) con le perdite negli avvolgimenti.

Si tratta ora di riportare i risultati dalla temperatura di misura t [°C] alla temperatura convenzionale di riferimento T [°C] che, come già detto, dipende dalla classe d'isolamento del trasformatore.

Si procede come per il trasformatore monofase, ovviamente si deve tenere conto del fatto che le tensioni sono quelle concatenate, le correnti sono quelle di linea, le perdite sono quelle complessive nelle tre fasi ed i parametri sono riferiti al trasformatore Yy.

PWtn = 3·R1t·I1n2 + 3·R2t·I2n2 [W]

PADtn = PCCtn - PWtn [W]


Se PCCtn £ PWtn allora PADtn = 0 [W] e PCCTn = PCCtn·Kt [W]

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