Possono essere classificati a seconda del modo con cui è
misurata la grandezza elettrica, si hanno: a) strumenti indicatori
che visualizzano istantaneamente il valore della quantità
misurata senza memorizzarla; b) strumenti registratori
che forniscono l'andamento temporale della grandezza da misurare;
c) strumenti integratori che forniscono in uscita l'integrale
nel tempo della grandezza in oggetto, sono anche detti contatori.
Noi tratteremo soltanto gli strumenti indicatori. Si possono avere
strumenti indicatori analogici e strumenti indicatori
digitali. Vediamone le specifiche più importanti.
Strumenti indicatori analogici
In tali strumenti il risultato della misura è fornito dalla
lettura della deviazione di un indice materiale o luminoso che
si muove su una scala graduata, la deviazione dell'indice è
una funzione continua della grandezza misurata.
Si hanno strumenti analogici elettromeccanici e strumenti
analogici elettronici.
Gli strumenti analogici elettromeccanici sfruttano fenomeni
per i quali l'interazione di grandezze elettriche o magnetiche
dà luogo ad una forza o ad una coppia meccanica. Sono costituiti
da un equipaggio mobile, avente una posizione iniziale
di riposo, sul quale agisce una coppia motrice CMX
funzione continua della grandezza elettrica GX
che si intende misurare. Alla coppia motrice viene opposta una
coppia antagonista, normalmente di tipo elastico e realizzata
tramite una molla, che tende a ricondurre l'equipaggio mobile
nella posizione iniziale al cessare dell'azione prodotta dalla
coppia motrice stessa. Dall'equilibrio delle due coppie, trascurando
gli attriti, si ottiene una deviazione angolare dAX
proporzionale alla grandezza elettrica misurata. All'equipaggio
mobile viene fissato un indice che ruota in corrispondenza
di una scala graduata in divisioni che permette la lettura
dello strumento sotto forma di numero di divisioni dX.
Lo schema a blocchi di un tale strumento può essere
il seguente:
A seconda del principio di funzionamento alla base del convertitore
elettromeccanico si possono avere diversi tipi di strumenti. I
più importanti sono:
a) strumenti magnetoelettrici (detti a bobina mobile), usati in corrente continua e che possono essere impiegati come amperometro, voltmetro, Ohmetro. Portano il simbolo disegnato sotto impresso sul quadrante.
b) strumenti elettromagnetici (detti a ferro mobile), usati sia in corrente continua che alternata e che possono essere impiegati come amperometro, voltmetro, frequenzimetro. Portano il simbolo disegnato sotto impresso sul quadrante.
c) strumenti elettrodinamici, usati sia in corrente continua che alternata e che possono essere impiegati come amperometro, voltmetro, frequenzimetro, wattmetro, contatore. Portano il simbolo disegnato sotto impresso sul quadrante.
d) strumenti ad induzione, usati in corrente alternata e che possono essere impiegati come wattmetro, contatore. Portano il simbolo disegnato sotto impresso sul quadrante.
Gli strumenti analogici elettronici sono impiegati per
misure sia in continua che in alternata e contengono apparati
elettronici (quali filtri, oscillatori, raddrizzatori, amplificatori,
...) che manipolano la grandezza elettrica da misurarsi GX
trasformandola in corrente continua IGX ad essa
proporzionale misurata infine da uno strumento magnetoelettrico.
La presenza di un amplificatore permette di realizzare strumenti
ad alta sensibilità. Ulteriore caratteristica di questi
strumenti è quella di avere una altissima impedenza d'ingresso
con conseguente bassissimo consumo. Quale aspetto negativo si
ha la necessità di alimentarli (solitamente alla tensione
alternata di 220 [V], 50 [Hz]) perché possano
funzionare gli apparati elettronici che li compongono, mentre
gli apparecchi elettromeccanici non esigono alimentazione. L'impiego
più comune è come voltmetro o frequenzimetro, anche
se attualmente tendono ad essere sostituiti dagli strumenti digitali.
Lo schema a blocchi di uno strumento analogico elettronico
può essere il seguente:
Le specifiche più importanti che caratterizzano
uno strumento analogico sono:
a) sensibilità: rappresenta il rapporto tra una variazione DGX della grandezza misurata e la corrispondente variazione DdX della deviazione dello strumento. L'unità di misura della sensibilità è il rapporto tra l'unità di misura della grandezza oggetto della misurazione e l'unità di misura della deviazione (ad esempio per un voltmetro si ha [V/d]).
b) risoluzione: esprime la minima variazione della grandezza misurata rilevabile con sicurezza attraverso uno spostamento dell'indice.
c) portata: indica il valore massimo della grandezza incognita misurabile con lo strumento. La portata corrisponde al limite superiore assoluto del campo di misura.
d) sovraccarico: indica la possibilità di effettuare misure di grandezze superiori alla portata, il sovraccarico è spesso espresso in percento della portata.
e) prontezza: è il tempo impiegato dallo strumento per indicare il valore della grandezza misurata entro i suoi limiti di accuratezza.
f) gamma di frequenza: è l'intervallo di frequenza entro il quale lo strumento assicura l'accuratezza nominale.
g) impedenza d'ingresso: è l'impedenza [W] offerta dallo strumento al segnale da misurare, per gli strumenti elettromeccanici ha una natura prevalentemente Ohmica.
h) indice della classe di precisione: definisce l'accuratezza dello strumento ed è il limite superiore dell'errore assoluto rapportato alla portata PG e moltiplicato per 100, ovvero:
arrotondato al valore normalizzato immediatamente superiore. Gli indici che definiscono le classi di precisione per gli strumenti elettrici industriali sono i seguenti:
Ovviamente gli indici più piccoli sono riferiti agli strumenti destinati ai laboratori, i più alti agli strumenti da quadro.
i) divisioni di fondo scala: è il numero dFS delle divisioni che compongono la scala dello strumento.
l) costante della scala: è il rapporto tra la portata
e le divisioni di fondo scala . L'unità
di misura della costante della scala è il rapporto tra
l'unità di misura della portata e l'unità di misura
della deviazione (ad esempio per un voltmetro si ha [V/d]).
Vediamo mediante un esempio come si impiegano alcune delle specifiche
sopra elencate. Immaginiamo di effettuare la misura di una corrente
continua con un amperometro magnetoelettrico avente portata PA
= 5 [A] , numero di divisioni di fondo scala dFS
= 100 , classe di precisione Cl = 0,2 , impedenza d'ingresso
(resistenza interna, che si può ritenere nota senza errore)
RA = 0,15 [W]. Supponiamo
che l'indice dello strumento si sia fermato, nella misurazione,
sulla sessantacinquesima divisione della scala, si potrà
calcolare:
a) il valore misurato:
b) l'errore assoluto strumentale e l'errore relativo percentuale:
E' importante osservare che l'errore assoluto strumentale dipende
dalla classe di precisione ed è costante per tutto il campo
di misura, quindi l'errore relativo si fa tanto più grande
quanto più piccolo è il valore misurato rispetto
alla portata. Per questo motivo è opportuno utilizzare
strumenti aventi una portata tale da collocare il valore misurato
oltre i due terzi della portata stessa.
c) il valore vero:
Abbiamo ritenuto che l'incertezza della misura sia determinata unicamente dall'errore proprio dello strumento, il cui segno è per sua natura ignoto. Questo modo di procedere è accettabile solo se si può escludere la presenza di altri errori (sistematici o accidentali) oppure se gli altri eventuali errori sono di entità trascurabile.
Per quanto riguarda il numero di cifre significative con
le quali trascrivere il valore misurato, ricordando che devono
essere trascurate quelle che comportano una variazione inferiore
ad un decimo dell'errore assoluto e quindi inferiore a 0,001
[A], sarà Im = 3,350 [A]. In tale valore,
le prime tre cifre significative sono da considerarsi esatte mentre
la quarta è stata aggiunta al fine di informare sul grado
di accuratezza che caratterizza la misura (se il risultato della
misura fosse stato composto da più di quattro cifre significative,
si sarebbe dovuto limitare il valore alle prime quattro approssimando
la quarta cifra secondo i criteri già esposti).
d) l'autoconsumo dello strumento:
si può calcolare come potenza dissipata internamente all'amperometro oppure come caduta di tensione interna all'amperometro (nel caso lo strumento fosse stato un voltmetro, anziché calcolare la c.d.t. si deve calcolare la corrente derivata), quindi:
L'autoconsumo in potenza è noto con un errore relativo
percentuale pari a ± 0,6 (essendo calcolato attraverso
il quadrato della corrente, affetta da un errore relativo percentuale
pari a ± 0,3, moltiplicato per la resistenza interna
nota senza errore), mentre l'autoconsumo in tensione è
noto con un errore relativo percentuale pari a ± 0,3
(di facile giustificazione).
Strumenti indicatori digitali
Gli strumenti con presentazione in forma digitale o numerica diretta offrono molteplici vantaggi rispetto ai corrispondenti tipi analogici, ed in particolare: facilità di lettura essendo abolita l'operazione di interpolazione tra due divisioni contigue e il calcolo della costante della scala, maggiore accuratezza e risoluzione, basso livello di rumore, elevata velocità di misura, possibilità di inserimento in un complesso di misura automatico controllato da un elaboratore elettronico. Quale aspetto negativo si ha la necessità di alimentarli (solitamente alla tensione alternata di 220 [V], 50 [Hz]) perché possano funzionare gli apparati elettronici che li compongono. La figura seguente mostra lo schema a blocchi di uno strumento digitale:
Si osserva che la grandezza da misurare GX viene convertita in un segnale continuo di tensione VX che, a sua volta, viene convertito in un segnale digitale binario (successione di bit) inviato infine alla sezione di decodifica e visualizzazione che avviene sotto forma numerica. Il tutto è gestito da un controllore, di solito costituito da un microprocessore. Il numero di cifre col quale viene fornita l'indicazione numerica dipende dall'accuratezza dello strumento, essendo inutile rappresentare cifre non significative (delle quali, cioè, non può essere assicurata la fondatezza). Tuttavia, molto spesso il numero visualizzato comprende una cifra in più rispetto all'accuratezza dello strumento, questo per rendere massima la risoluzione. Ad esempio, uno strumento col visualizzatore a cinque cifre e quindi con 100000 punti di misura (da 00000 a 99999) ha una risoluzione del visualizzatore pari a 1/100000 = 10-5 mentre la sua accuratezza potrebbe essere pari a 10-4.
Gli strumenti digitali offrono inoltre la possibilità di
effettuare la memorizzazione ed il successivo richiamo dei valori
misurati, nonché la loro elaborazione e controllo remoti
potendo tali strumenti essere interfacciati con sistemi a microprocessore
fino ad ottenere strutture automatiche di misura (SAM).
Le specifiche più importanti che caratterizzano
uno strumento digitale sono:
a) accuratezza (precisione): definisce l'errore strumentale e può essere espressa come:
1) errore relativo percentuale sul fondo scala, del tutto analogo alla classe di precisione degli strumenti analogici:
dove PG è il fondo scala (portata) dello strumento, Gm e Gv il valore misurato e quello vero.
2) errore relativo percentuale sul valore misurato:
3) numero di digit, ovvero numero di unità della
cifra meno significativa del visualizzatore.
In generale il costruttore per indicare la precisione dello strumento fornisce almeno due dei tre valori sopra definiti, nella forma:
b) tempo di misura: è il tempo impiegato dallo strumento
per effettuare un ciclo di misura. Anziché il tempo, può
essere indicata la frequenza, ovvero il numero di cicli di misura
effettuabili in un secondo.
c) risoluzione: è il peso dell'ultima cifra del
visualizzatore nella portata più bassa. Ad esempio per
un voltmetro di portata minima 0,1 [V] con display a 4
cifre, l'ultima cifra a destra indica i centesimi di [millivolt],
quindi la risoluzione di tale strumento è di 0,01
[mV]. A volte la risoluzione è indicata in parti per milione,
nell'esempio fatto si hanno 100 p.p.m..
d) sovraportata: lo strumento digitale è in grado
di misurare grandezze superiori al fondo scala (portata). Si definisce
sovraportata la percentuale rispetto al fondo scala del campo
di misura ricoperto dallo strumento oltre la portata. Ad esempio,
un voltmetro di portata 100 [V], con display a 3
cifre e con una sovraportata del 20% può misurare
fino a 120 [V]. Per permettere misure in sovraportata lo
strumento dispone di una quarta indicazione sul display (ad esempio
una barra verticale) che si illumina quando lo strumento va in
sovraportata. Tale indicazione viene chiamata mezza cifra
e si dice che lo strumento dell'esempio è a 3½
cifre.
e) punti di misura: è il numero di indicazioni distinte
che lo strumento può dare, compresa l'eventuale sovraportata.
Ad esempio uno strumento a 3 cifre dispone di 1000
punti di misura (da 000 a 999), uno strumento a 3½
cifre con sovraportata del 20% dispone di 1200 punti
(da 0000 a 1199).
Osservazione: attualmente l’uso della ½ cifra è più spesso fatto col seguente criterio. Uno strumento a 3 cifre, ad esempio, permette di visualizzare valori tra 000 e 999, quindi rende possibili 1000 diverse letture. La risoluzione del visualizzatore sarà quindi 1/1000 ovvero lo 0,1%. Per ampliare il margine di misura e la risoluzione si ricorre alla ½ cifra. Si tratta di dotare il visualizzatore di una cifra aggiuntiva (la prima a sinistra) che può indicare solamente i valori 0 ed 1. Ad esempio nel caso di 3½ cifre il campo di misura va da 0000 a 1999 con una risoluzione del visualizzatore pari a 1/2000 ovvero 0,05%.
f) impedenza d'ingresso: è l'impedenza all'ingresso
dello strumento.
g) rumore: rappresenta la fluttuazione casuale, dovuta
a cause fisiche intrinseche allo strumento, che si sovrappone
al segnale utile da misurare. Si manifesta con fluttuazioni della
cifra meno significativa.
h) reiezione di modo normale (NMR): indica l'attitudine dello strumento di distinguere il segnale da misurare dai rumori nell'ingresso di misura, si esprime in decibel.
i) reiezione di modo comune (CMR): indica l'attitudine
dello strumento di distinguere il segnale da misurare dai rumori
presenti fra ingresso di misura e massa, si esprime in decibel.
Vediamo mediante un esempio come si impiegano alcune delle specifiche sopra elencate. Effettuiamo la misura di una corrente continua con un amperometro digitale di portata PA = 100 [mA] , display di 3 ½ cifre ed accuracy ± (0,1% della lettura + 1 digit).
Se la misura è stata di 90 [mA], l'accuratezza risulterà pari a:
dove lo 0,1 [mA] che compare come secondo termine per il calcolo dell'errore assoluto è il contributo di 1 digit per errore di risoluzione, ovvero avendo 3 cifre piene e quindi 1000 punti di misura in assenza di sovraportata, un errore pari a:
Il valore vero della corrente misurata sarà IV = (90 ± 0,19) [mA].
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